Il deserto di Anna

Un giorno di qualche mese fa ho sognato un deserto.
Ho sognato di camminare ondeggiando tra le dune e scivolando con i fantasmi.
Incastonati tra i granelli di sabbia, oggetti quotidiani mi guardavano passare. Divani, poltrone, tavole, sedie, libri, palloni e stoviglie stavano fermi ad aspettare che il sole muovesse le loro ombre.
Camminavo senza meta, senza sete e senza stanchezza, oscillando.
È stata la meta ad arrivare a me perché infine una montagna mi si è stagliata davanti e, davanti alla montagna, un gruppo di persone sembrava aspettarmi.
Mi sono unita a loro e insieme abbiamo esplorato la montagna, circondandola con i nostri sguardi.
Senza mai parlare ci siamo detti tutto, cose che nessuno poteva sapere, segreti tenuti nascosti, sogni irrealizzati.
Avevo infine trovato una comunità.
Insieme abbiamo trovato un armadio, l’ho aperto nel silenzio e ho trovato viveri e acqua. Per me era, infine, il segno di un luogo ospitale in cui iniziare a costruire, in cui vivere.
Mi sono girata per festeggiare con i miei compagni di viaggio ma ho scoperto che non c’era più nessuno. Ho realizzato, come non so, che in realtà non c’era mai stato nessuno a camminare con me.
Mi sono svegliata e mi sono domandata se forse avessi esagerato a mangiare quell’ultimo pezzo di torta la sera prima.

Ciao, mi chiamo Anna e ogni tanto faccio sogni strani. In realtà da sveglia sono una persona piuttosto razionale che, però, si perde spesso a guardare altrove.
Vi ho voluto raccontare questa storia perché la verità è che questo sogno non è stato altro che il realizzare quanto siamo soli, non nella vita, ma nella mente. Siamo circondati dal Mondo ma non ce ne accorgiamo, non lo facciamo entrare in noi, non lo accogliamo. Eppure cerchiamo di farci accogliere.
La vita è uno Scambio.
Se ciascuno si tiene per se ciò che ha, non potrà mai avere null’altro.
Questo è il motivo per cui credo fortemente in questo progetto. Perché ho capito che vivere veramente significa dare e ricevere in un continuo gioco di doni e meraviglia.

Alla prima riunione di preparazione al festival è risultato chiaro a tutti quale dovesse essere il tema. Ciascuno di noi, che pure siamo diversi, sentiva dentro di sé che il problema dell’incontro era la base di ogni fatica e insofferenza. Non sono serviti dibattiti e votazioni, abbiamo tutti scelto assieme perché ancora prima della Pandemia il tocco umano di un’altra anima era distante e ricercato.
Siamo tutti alla disperata ricerca di pace, di comprensione, di unione.
Il difficile è partire, faticare, nel tentare di ottenerla. Ma soprattutto la cosa più difficile da fare è comprendere che anche l’altro sia nella nostra stessa situazione. L’ empatia è sicuramente una dei più interessanti doni che la natura abbia creato (e lo dice una studentessa di veterinaria che fin da piccola guardava a quel mondo selvaggio come alla più incredibile delle scoperte) , ma non è abbastanza.
La conoscenza dell’altro è quel “più” che permette all’empatia di diventare solidarietà e poi alla solidarietà di creare legame, un legame indissolubile che fa si che le singole case diventino città e la città diventi Comunità.
Per questo motivo il festival non sarà fatto di racconti strappalacrime, di immagini forti che muovano a compassione, ma di esperienze vive che possano diventare consapevolezza.
Chi verrà al festival darà e riceverà e proprio per questo crescerà e farà crescere, il tutto per poter scoprire che non si può perdere se si dona e si è sempre ricchi se si riceve emozione.
Mi sa che sono riuscita ad essere più prolissa di Tommi… non lo credevo possibile.


Vi rimando ai racconti delle prossime settimane per altre immersioni nel mondo di Scambi!

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