Leggere Lolita a Teheran è un colpo così forte nello stomaco che ho dovuto aspettare quasi un mese prima di poter scrivere queste righe. Azar Nafisi, scrittrice e protagonista della storia, ci racconta il quotidiano in Iran senza sconti, con una lucidità ed una malinconia che difficilmente si può restar indifferenti.
Ma partiamo con ordine.
«Nei due decenni successivi alla rivoluzione di Khomeini, mentre le strade e i campus di Teheran erano teatro di violenze tremende, Azar Nafisi ha dovuto cimentarsi in un’impresa fra le più ardue, e cioè spiegare a ragazzi e ragazze esposti in misura crescente alla catechesi islamica una delle più temibili incarnazioni dell’Occidente: la sua letteratura. Il risultato è uno dei più toccanti atti d’amore per la letteratura mai professati e insieme una magnifica beffa giocata a chiunque tenti di interdirla.»
La rivoluzione di Khomeini, in estrema sintesi, avvenne nel 1978/1979 e trasformò l’Iran da una monarchia, all’epoca guidata dallo scià Mohammad Reza Pahlavi (ultimo scià di Persia), in una repubblica islamica sciita, la cui costituzione si basa principalmente sulla legge coranica.
La proteste civili iniziarono principalmente negli anni 70, quando la polizia segreta (la Savak, che venne smantellata dopo la Rivoluzione. Si diceva che fosse l’organizzazione più brutale di tutto il Medio Oriente) torturò migliaia di cittadini iraniani, scesi in piazza per protestare contro il monarca. Nel 1975 lo scià rese illegali tutti i partiti di opposizione creando in questo modo una rete clandestina di partiti sempre più estremisti e sempre più violenti. Le uccisioni, gli arresti e le torture portate avanti dallo scià, e dalla Savak, continuarono fino al 1979.
La rivoluzione venne fomentata dal carismatico Ayatollah Khomeyni, e nel 1978 l’Iran si bloccò: centinaia di migliaia di persone scesero in piazza per protestare e far cadere la corona. Il monarca, sotto consiglio degli Stati Uniti, loro alleato commerciale e militare, scappò in Marocco nel 1979. Molte proteste vennero represse con il sangue, sia da parte della Sovak che dagli stessi manifestanti: queste proteste unirono migliaia di persone di orientamento politico diverso, tanto, a volte, da uccidersi a vicenda in piazza. Comunque, le uccisioni di massa non fecero altro che inferocire le masse.
Khomeyni, capo del consiglio rivoluzionario, assunse di fatto il potere. La vecchia guardia, i vecchi politici e funzionari vennero giustiziati in massa. Il 30 marzo 1979, venne indetto un referendum che vide il 98% degli iraniani favorevole alla nascita della Repubblica Popolare Islamica. Con essa, venne abolito il gioco d’azzardo, l’alcool, si inasprì la persecuzione degli omosessuali, verso i dissidenti politici (con pena capitale in ambo i casi), la pena di morte per chiunque assumesse comportamenti non conformi alla shari’a. (Nell’Islam la shari’a è, in estrema sintesi, tutto quel complesso di regole di vita, morali e non, dettate da Dio).Venne imposto alle donne di coprire braccia e gambe con abiti non succinti, e di coprire il capo con un velo, coprendo severamente i capelli (pena frustate o galera). La Repubblica Popolare Islamica istituì il Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica: uomini armati fino ai denti che girano l’Iran in cerca di cittadini che non rispettano in pieno la shari’a.
Dopo questa premessa storica fondamentale per capire bene il romanzo, passiamo al libro.
Azar Nafisi ci mostra un pre-rivoluzione e un post-rivoluzione. Ci mostra quanto è stato difficile per lei e le sue colleghe indossare obbligatoriamente il velo in pubblico, in particolare in Università, dove Azar Nafisi insegna letteratura, ci mostra come è cambiato il quotidiano in Iran, la paura di girare in città, gli omicidi di massa, le incarcerazioni, le amiche molestate in un silenzio assordante che nessuno muterà mai in rumore.